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Molise e Campania tra storici tratturi e ciclovie fluviali da percorrere in bici

Introduzione
Il Molise non esiste 

Ci sono regioni che per morfologia del territorio, infrastrutture e servizi erogati hanno fatto della mobilità ciclistica un proprio cavallo di battaglia. Penso all’ Emilia Romagna, al Trentino Alto Adige e a tanti altri angoli di paradiso nascosti nel Bel paese.
Penso alle Marche che sono adatte per chi osa. Il detto “girare in lungo e in largo” non si addice.
Puoi viziarti sulla costa adriatica ma, se ti accomodi nell’entroterra collinare, il gioco si fa duro. 
Basta disporre male l’itinerario per trasformare una bella pedalata in un calvario, saliscendi continui senza tornanti.
Per la verità le Marche nemmeno mi sfiorano adesso, ho occhi solo per la regione meno regione per eccellenza, la meno conosciuta, la meno pubblicizzata, la meno frequentata e la…
Basta così, hai capito di chi sto parlando, del Molise.

Come fa il Molise?? Boh
Non c’è nessuno che lo sa.
Il Molise è la regione a statuto ordinario più piccola e meno popolosa del Paese, la più giovane dal lato amministrativo e per giunta la meno conosciuta d’Italia.
A causa delle sue insolite caratteristiche è facile preda dei luoghi comuni che l’hanno fatta conoscere all’Italia intera come la regione che non esiste.

Al cuor non si comanda, proprio come in amore, nemmeno quando c’è da scegliere la prossima destinazione di un viaggio in bicicletta.

Dati di viaggio

Download file: I-Tratturi-del-Molise-2021.gpx

Bici consigliata: mountain bike rigida/gravel o biammortizzata.
Giorni in viaggio: 5/6.
Km percorsi: 310 km (tracciato con Alltrails).
Dislivello: 4300 m.
Difficoltà: medio fino ad Isernia, facile sulla ciclovia del Volturno.
Modalità pernotti: mista (tenda o struttura).
Clicca QUI per essere indirizzato al sito web dei tratturi.

Album Fotografico

Qui di seguito trovi l’album completo con tutte le fotografie.
Puoi attivare la casella informativa per avere al tuo servizio tutte le didascalie di ciascuna foto.

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Antiche e impolverate vie di comunicazione
Tratturi & pastori

Un pastore accompagna il suo gregge di pecore e i cani da un appezzamento all’altro di un fresco pascolo erboso.
Gregge di pecore sui terreni del fiume Volturno.

Gli spiriti allegri saltano sul mio animo destato dal racconto di antiche e impolverate vie di transumanza e si fanno largo tra storia, arte, popoli e genti.
Un apparato d’impercettibili e peculiari rotte percosse dal tempo
Si sfiorano amabilmente su un territorio che, se percorso a passo d’uomo, appare incredibilmente grande e inesplorato. 
I pastori reggono le sorti di questo teatrino e della regione intera.
Un vizio di forma li ha resi semplici portatori di bestie e guerrieri allo stesso tempo.
In qualità di pastori ricevono tra le mani questi beni materiali affinché possano custodire e sottendere messaggi di speranza per ciascuno di essi.
In qualità di guerrieri portano i loro fieri e bellicosi animi a scontrarsi con i popoli che cercano in tutti i modi di soggiogarli.
Cosa non si farebbe per la gloria, i diritti e anche per l’egemonia della penisola.
Ritornano alla memoria le storiche dispute tra Sanniti e Romani, tanto si diedero battaglia sino a sfociare nelle sanguinose guerre sannitiche.
Subite le percosse di Roma, i Sanniti imprimono alcune vestigia prima che vengano spazzate via da altri popoli e dai secoli di storia.

Il Molise più selvaggio e incontaminato passa anche dai tratturi.
Il tratturo Celano – Foggia in bici sul tratto Bonefro/Monte Castello.

L’essenziale è invisibile agli occhi

Vedere al di là delle cose, oltre le normali apparenze e i preconcetti, è la possibilità che mi sono dato per questo Molise fatto principalmente di tratturi. 
Quello dove in un vortice di polvere puoi vedere solo siccità oppure considerarlo la reminiscenza di qualcosa che sta per essere messo a nudo in tutta la sua bellezza.
Quel soffio è il vento del mio passaggio che toglie un po’ di polvere dalle pagine della storia, si ricompone nuovamente alle mie spalle lasciandomi guardare attraverso.
Il tratturo inteso come via di transumanza e importante forma di sopravvivenza per una popolazione legata da sempre alla pastorizia. 
Molteplici percorsi a più direttrici procedono dalla Puglia verso l’Abruzzo e viceversa. 
Mandrie, sotto la supervisione dei pastori, lasciano il Tavoliere delle Puglie in primavera inoltrata per andare a cercare freschi pascoli d’altura in Abruzzo. Fanno ritorno alla fine dell’estate quando il clima in montagna non è più favorevole.

Il mio Credo

A onor del vero voglio far rivivere quella storicità del Molise fatta di cose semplici e andarla a scovare in bici per mantenerne intatta l’autenticità. 
Mosso dalla curiosità e dalla sete di scoperta, cercherò di capire com’è fatta questa regione di per sé sconosciuta. Mi spingerò al di là delle normali vie di comunicazione per saggiare polvere, terreni, rovi e i lunghi steli d’erba che incontrerò per la mia strada. Sono i cosiddetti tratturi sui quali persiste un alone di mistero.
Alzerò la testa al fruscio del vento d’altura che avvisa del passaggio di roccaforti o muri schierati di qualche piccolo borgo. Più di qualsiasi cosa ambisco di poterli raggiungere, riuscirò nel mio intento ma il più delle volte dovrò rinunciare per lontananza o criticità altimetriche annesse.
Farò in modo di non soprassedere ad alcun tipo d’invito perché ogni testimonianza storico-artistica-culturale sarà il pane di questo viaggio.

Termoli in quantità e Termoli in qualità

Mura di cinta dell’antica Termoli.
Il trabucco attorno le mura dell’antica Termoli.
Il trabucco è un’antica macchina da pesca tipica delle coste garganiche, molisane e abruzzesi.
Cattedrale di Santa Maria a Termoli.

Termoli seguita a bisbigliare qualcosa che non comprendo, sento solo voci interiori che mi dicono “va al mare” e così faccio, il mercato ittico e il porto annunciano del suo arrivo.
Il silenzio che esprime tutta l’eloquenza di chi non sa parlare e che lascia spazio all’immaginazione. 
Un trabucco gode di ottima salute mentre l’altro accanto è ormai scomparso, sembra la metafora della vita che viene e poi va.
Due facce della stessa Termoli divergono nei contenuti.
La Termoli moderna più “beverina” e frivola, cresciuta dal boom economico e in continua espansione si contrappone alla Termoli antica, ben delineata e strutturata.
Quest’ultima esprime tutta la prontezza d’ingegno di chi l’ha saputa realizzare, cinta da possenti mura perimetrali in riva al mare, intramezzata da torrioni e torrette difensive. 
Il castello Svevo si erge a emblema di questo borgo storico posto all’apice del Corso Nazionale.
In una manciata di vicoli viene riesumato l’assetto medievale contornato da piccole e semplici abitazioni di bell’aspetto, si richiamano tinte sfacciatamente mediterranee in cui prevalgono i toni caldi e luminosi, tinteggi bianchi dal potere riflettente e altre colorazioni suggerite dal luogo. 
Le vicende del borgo s’intrecciano con quelle di un famoso imperatore del tardo medioevo. La prima via perimetrale intitolata a Federico II di Svevia non lascia scampo ad equivoci, nemmeno alcune vie centrali possono trarre in inganno, via e vicoli Duomo crescono generosi attorno alla splendida cattedrale di Santa Maria della Purificazione.

Andamento lento

Primi assaggi di sterrato di lunga durata.
“Rotta per casa di Dio, ci stiamo perdendo la festa”.
Intreccio di colline molisane e le montagne abruzzesi sullo sfondo.
Le classiche strade bianche che fanno breccia nel cuore (discesa verso la SS647).
Un grande numero di arnie è disposto fronte campo cosicché le api possono impollinare l’appezzamento di fiori di sulla.

Fuori Termoli, dentro il paesaggio!

Termoli, la città della costa dalla quale provengo, trae in inganno il ciclo-viaggiatore considerando isolati le maglie della rete stradale cittadina, è per mano del tratturo che ritorna ad assumere un’altra accezione, quella più gradita del termine. Spogliata del superfluo si riconosce mandante per le sensazioni di isolamento, beatitudine e appagamento che ne conseguono.
Le colline mi corteggiano sfilando davanti ai miei occhi in vesti primaverili, in un mix di generi mettono in mostra completini tappezzati di fiori color rosso porpora (Sulla) o gialli (Senape), per coadiuvare l’arte di un mestiere vengono adornate con fitte trame di viti, ulivi e affiancate alle attività cerealicole.
Piante ad alto fusto, siepi e cespugli (ginestre) sono sollevate da ogni incarico, seguono il libero arbitrio della natura e si dispongono secondo precisi fattori di gradimento terrestri.
Le frequenti correnti d’aria pettinano le colline di questa regione dandole improvvisamente vita, è solo nelle terre di Puglia che la stessa forza viene veramente captata dall’industria del vento, non c’è vento di passaggio che sfugga alle pale eoliche disseminate sul territorio.

Primi assaggi di tratturi

Vengo deliziato da questo contesto unico che funge da preambolo per le situazioni a venire. 
Divento parte attiva e inizio a pedalare dove e come più mi piace, in una natura che mostra sin da subito i connotati, selvatica e mai addomestica ma non per questo ostile all’uomo.
I tratturi sono il lasciapassare per andare ovunque con l’incognita dei modi e tempi.
All’oscuro di tutto mi limito ad osservarlo con diffidenza e timore dall’alto di una collina mentre compie importanti dislivelli e una serie infinita e segmentata di saliscendi. Come per la luna mi dovrò accontentare di vedere solo la parte illuminata, l’unica certezza possibile.
A fronte di qualche scoscendimento, il tratturo disegna traiettorie fulminee che non si possono reiterare in altro modo, lo seguo ovunque mi porta senza fare tante domande.
Stringo forte a me questa linea di demarcazione al suolo che tiene in vita i miei sogni.

Trasversale e longitudinale, sotto a chi tocca!

Una via del centro storico di Larino vecchia.
La cattedrale di San Pardo a Larino.
Una chiesa dedicata a San Pardo risulta esistere già nel 1081 e si attesta su un preesistente tempio (datazione imprecisa).
Nel XIV secolo furono realizzati gli affreschi delle pareti e dei pilastri, raffiguranti i santi. Ad abbellire il soffitto, lasciato con capriate a vista, furono realizzati dipinti policromi.
Nel XVI venne realizzato il campanile.
Altro grande sussulto naturalistico del giorno è questa vista panoramica del borgo di Bonefro e il paesaggio circostante.
La presenza scenica è notevole. Lato sud del borgo di Bonefro.
Il Molise più selvaggio e incontaminato passa anche dai tratturi.
Il tratturo Celano – Foggia in bici sul tratto Bonefro/Monte Castello (tratto tolto dalla traccia ufficiale a causa della risalita con bici a spinta).
Il tratturo Celano – Foggia in bici sul tratto Bonefro/Monte Castello

Per vie traverse si raggiunge Rotello, il primo frangente collinare si può considerare concluso. 
Cambia la rotta e cambia il passo ma non cambia la sostanza.
Le colline acquistano forma, vigore ed aumenta la posta in gioco.
Colline da salire e scendere a perdifiato o soltanto da assecondare nei tratti a mezzacosta delle dorsali, nessun saliscendi in tempo rapido è possibile. 
Ogni incedere (lento) può beneficiare del suo tempo prezioso, convengo sul maggior significato che assumono le cose e di quanto entusiasmo portino in questo modo.
Interrompo salite e discese se dentro suonano di musica.
Ricevo folgore di gioia negli angoli semi sconosciuti del mio percorso.
Lo sconcerto di quando metti il naso al di là di una curva cieca e dalle linee di cresta venendo rapito dalla bellezza del paesaggio. 

Tratturo Cortile – Centocelle

Il tratturo Cortile – Centocelle si rivela essere molto affascinante come panorama ma anche molto divertente e bello come percorso.
Tratto monte Castello/Campolieto durante una sosta per contemplare questo immenso mondo collinare.
La cresta erbosa sul tratturo Cortile – Centocelle lascia esterrefatti facendo dimenticare la fatica sinora fatta.
Il tratturo Cortile – Centocelle raggiunge l’ultima collina e si affaccia sul versante opposto, viene stabilito il contatto visivo con il capoluogo di provincia (Campobasso) e il monte Miletto emerge dalla foschia.
Una bella discesa nella macchia e si arriva fino alla periferia di Campobasso.

Primo fra tutti il tratturo Cortile – Centocelle dona attimi di grande esaltazione, sferra il colpo a sorpresa ed irrompe nella scena sostituendosi alla SS87. 
Posso finalmente introdurmi tra siepi e vegetazione al cospetto d’ampi versanti che balzano alle cronache per gli impressionanti panorami che sono in grado di generare, lo sguardo intercetta facilmente le grandi catene montuose dell’Abruzzo come se non fossero così distanti.
Il tratturo apre così la strada al cambiamento, non resta che seguirlo per vedere come s’indirizza sulla superficie delle colline che degradano verso Campobasso, dopo essere stato a suo tempo a bighellonare senza remore sul dorso accomodante d’altri rilievi (in località Monte).

Campobasso

Antico nucleo abitativo a Campobasso.
Una grande e lunga gradinata compresa alla base del borgo medievale.
Un’occhiata alle vie del borgo storico di Campobasso.
La città medievale mostra uno sviluppo a ventaglio fino ai piedi del colle, costituito da vicoli e scalinate lunghe e tortuose, ai lati delle quali sorgono case ed edifici in pietra, spesso aventi caratteristici cortiletti interni. Numerosi sono i portali ricchi di decorazioni, stemmi di famiglie nobili e figure allegoriche.
La città ottocentesca si estende in piano e presenta le caratteristiche tipiche dello sviluppo urbanistico di tale periodo storico.

Quanto scompiglio nella periferia di Campobasso, passa in primo piano dopo il silenzioso peregrinare collinare di poco fa. Pur essendo una cittadina di modesta entità mostra sin da subito un’interfaccia spiccatamente metropolitana.
Il polo cittadino di maggior attrazione ruota attorno alla collina Monforte, ospita il castello ed alcune chiese d’antica fondazione, segna soprattuto lo spaccato tra l’abitato medievale e quello moderno ed elegante originario del XIX.

Quintessenza

La traccia sfiora il borgo di Ferrazzano posto in cima a una collina (870m slm).
A sud-ovest di Mirabello Sannitico si può imboccare la rampa asfaltata lunga 1 km (forte pendenza) che si discosta dalla SP e sale al monastero di Santa Maria di Monteverde. Il monastero in sè non è niente di eccezionale, vale la pena d’essere raggiunto per il panorama appenninico che si gode da lassù.
I monti del Matese alla luce del tramonto.
San Giuliano del Sannio visto dalla piana di Sepino (Altilia).

Con incontrovertibile tendenza divento socio in affari alle colline. Dividendo gioie e dolori spero, un bel giorno, di poterle attraversare senza difficoltà. Se non altro lasciano presagire qualche traiettoria amica del ciclista, sufficiente da essere considerate una via di fuga verso la quintessenza del viaggio in Molise, la catena appenninica molisana.
Salta la copertura del tratturo senza per questo pregiudicare il piacere di una scorribanda all’insegna del buongusto. Basta scrutare il paesaggio per rimanere colpiti in pieno dalle varie tonalità di verde che ammantano i pendii durante l’accompagnamento di un borgo (Ferrazzano) che svetta sulla vallata del Tappino o che fa strada (Mirabello Sannitico). 
In certi casi comunica più un volto di tante parole. Stringo a cavalcioni il monte (Santuario Santa Maria Monteverde) e rivedo gli istanti di una salita che non mi da pace, le sensazioni mi investono a cascata uscendo in superficie, quel che conta è poter vedere oltre l’ostacolo e quel ben di dio di montagne dell’arco appenninico.
Finalmente posso rifarmi sulla famosa regola d’oro che prevede sempre la discesa dopo ogni salita, posso sollevarmi dall’incarico di pedalare fino alla piana di Sepino.

Antica città Romana. Saepinum

Il tempio pagano di Saepinum fronte foro, accanto al decumano.
Nella parte meridionale del foro è possibile ammirare una pavimentazione marmorea, resti di case, un mulino del quale rimangono le vasche, parti della cinta muraria e la fontana del Grifo. A poca distanza dalla città sorgono invece due mausolei, uno intitolato ai Numisi e un altro a Caio Ennio Marso.
Il teatro romano visto da varie angolazioni – Saepinum.
Il Teatro è uno degli elementi meglio conservati dell’antica Sepino, ospita 3000 posti a sedere e conserva sia la scena che la platea in pietra locale lavorata. Alcune ex case coloniche d’epoca medievale sono disposte in modo circolare attorno al teatro.
Bici a mano lungo il cardo di porta Bojano nell’antica Saepinum. Ai lati il macellum, abitazioni e botteghe.

Certo è che l’antica città romana di Saepinum porta una ventata di novità e cultura in un’area prettamente rurale e scarsamente abitata. Le vestigia richiamano alla mente un passato lontano e grandioso che non smette di meravigliare per il connubio d’eleganza, fruibilità e durabilità celati al suo interno.

Tratturo Candela – Pescasseroli

Iniziano le asperità sul tratturo Candela – Pescasseroli… ma quanto divertimento!!
Il tratturo Candela – Pescasseroli è l’equivalente del cardo dell’antica Saepinum, costeggia l’appennino rimanendo ai margini della piana. A fronte di qualche saliscendi un pò più impegnativo rimane sempre piuttosto pedalabile.
Tieni presente che in caso di maltempo il tratturo rischia di diventare non pedalabile. Le immagini parlano da sole, per fortuna sono riuscito a schivare la pioggia, con un forte temporale avrei dovuto abbandonare la traccia del tratturo.
Una cartolina dal tratturo.
Tratto ben conservato di tratturo molisano. Tratturo Candela – Pescasseroli.

Intercetto lo storico tratturo Candela – Pescasseroli al confine regionale e lascio che mi parli di sè.
Come culo e camicia andiamo a spasso per la sfera terrestre prossimi alla linea pedemontana del Parco Regionale del Matese annusando l’aria carica di temporali, questo bellissimo legame affettivo che cresce ad ogni passaggio intrigato nella boscaglia, tra gli arbusti di troppo e quelli sfacciatamente dispettosi, tra i cambi repentini di quota e a quelli direzionali.
In un miscuglio di sobbalzi a forma di buche, pietre e piccoli guadi prendo visione del mondo che mi sta attorno, apprezzo la calma di un prato di color giallo paglierino se mi proietta col pensiero tra le montagne dinnanzi. Osservo cadere a picco i canaloni verticali ricoperti ovunque da fitta vegetazione. Scruto con dovizia il moto sinuoso delle linee di sutura mentre qualcuna si distacca dalle altre per creare un nuovo ed irresistibile movimento indipendente di monti, accentuando o approssimando le forme rivolte verso valle.
I colpi di scena si succedono a più riprese nel passare dagli stretti corridoi verdi alle distese di piccoli e grandi pascoli, in pochi vanno alla ricerca di questi luoghi che per loro natura si confondono tra pace e solitudine. 

Mal d’appennino molisano

La salita stradale ripida e tortuosa che da Bojano porta a Civita Superiore. Piccoli angoli di natura selvaggia.
Sono rimasto piacevolmente colpito da Civita Superiore. Tanto per cominciare è in un posto veramente incantevole, avvolto nel silenzio delle montagne. Alcune porzioni di mura si intravedono dal basso, lungo la salita, e viene subito voglia di visitarla.
Ci sono numerose abitazioni a ridosso del perimetro interno, la maggior parte abbandonate e semi distrutte. Una piccola viuzza vi passa davanti e conduce dall’alto al basso del borgo in modo defilato.
La piana di Bojano vista dall’alto del borgo.
Il monte Milletto, montagna più alta del Molise, visto dal tratturo Candela – Pescasseroli in località Bojano.
Tratturo Candela – Pescasseroli.
I monti del Matese.
Un momento di respiro sul tratturo Candela – Pescasseroli, gran vista sull’arco appenninico.
Il Santuario dell’Addolorata – Castelpetroso.
Progettato in stile neogotico da Francesco Gualandi di Bologna, il Santuario è un inno a Maria e al Molise. Interamente scolpito in pietra locale, la prima pietra viene posata nel 1890 e la consacrazione avviene nel 1975.
Il santuario sorge a pochi metri dall’antico tratturo, percorso da pastori e pellegrini, incastonato tra il verde dei boschi.

Tornare alla civiltà è straniante quanto mettere le ruote nuovamente su asfalto. 
Il chiacchiericcio s’intensifica in prossimità di un centro cittadino ristretto come Bojano (antica città sannita ai margini della piana, capitale del territorio dei Pentri) o s’accheta alla volta del borgo di Civita Superiore ( storico presidio fortificato a guardia della piana) sulle alture del monte Crocella.
Serve trovare il bandolo della matassa per levarsi l’impiccio della SS17 (trafficata ma sicura per il trasferimento ciclabile), perdura fino quasi al Valico di Castelpetroso.
A breve distanza sorge una piccola area resort e la principale attrazione turistica è rappresentata dalla mole del famoso Santuario dell’Addolorata.

Vertical limit

Foto scattata dal piazzale del santuario in direzione Isernia. Il borgo addossato al versante della montagna è il centro di Pesche, molto scenografico (consiglio la visita).
Quando sei a tarda sera ed inizia a fare buio ma il percorso si fa tutt’altro che semplice. Bellissimo ma impegnativo nella discesa, divertente senz’ombra di dubbio ma in alcuni momenti ho temuto che la traccia potesse perdersi nel nulla vista la precarietà, così non è stato.
Pettoranello del Molise sembra irraggiungibile e sul sentiero si perde quota velocemente, non posso che godermi questa magnifica luce.
Una valle misteriosa, solitaria e incontaminata. Fuoriesce una luce surreale ad illuminare la scena mentre percorro un sentiero appena accennato che non so se mi porterà ad Isernia. Ho quasi un brivido di gioia ma anche di paura che qualcosa vada storto.
Tratto ben visibile del percorso a differenza di altri soltanto accennati nell’erba, non trovo altre parole per descriverlo perché tutta la discesa è stata qualcosa di unico, sopratutto quando sbuchi fuori da una curva e vedi la sezione successiva.

 La discesa è uno spasso! Chiuso nelle segrete di un bosco appena accennato scorgo a malapena la luce della sera che filtra tra le fitte fronde, è tutto talmente vario e bello che sono combattuto tra il proseguire senza sosta sul sentiero o rimanere a guardare prati e vegetazione tinti di un bel verde primaverile, avvolti da una luce decisamente incantevole.

Isernia

Corso Marcelli, via principale del centro storico d’Isernia.
Il mercato settimanale d’Isernia.
I resti dei blocchi portanti del tempio pagano (III sec. a.C) al di sotto dell’attuale cattedrale di San Pietro Apostolo ad Isernia.

Ieri

Chi meglio di Isernia può parlarmi di storia. Se guardo al di là delle apparenze vedo più di una piccola cittadina incastonata tra fiumi e valli montane al confine di regione. 
Lunga vita a Isernia! Grazie alla sua posizione strategica venne scelta per diventare culla di civiltà.
Catalizzare l’interesse o l’essere al centro della scena può rivelarsi un rischio e voler dire battersi per la propria indipendenza. Durante il dominio sannita ritornano alla memoria le scorrerie dell’antica Roma, sfociate nelle famose guerre sannitiche e nella guerra sociale. Divenne colonia romana, capitale del popolo italico, venne distrutta e depredata (più volte tra 400 e 900) da Vandali e Saraceni, risanata dai Longobardi (600) e resa stabile e autonoma durante la fase del dominio reale e dall’infeudamento.
Nei millenni di storia sepolta qualcosa può venire allo scoperto o rimanere soltanto memoria scritta, si susseguono le scoperte, dall’incredibile ritrovamento dell’insediamento d’epoca paleolitica (700’000 anni, museo del paleolitico) all’individuazione dell’intero podio del tempio pagano (III sec. a.C.) sotto la cattedrale di San Pietro.

Oggi

I bombardamenti della II guerra mondiale sono storia recente e lasciano cicatrici leggibili nel tessuto urbano. Corso Marcelli fa da perfetto spartiacque al centro storico d’epoca medievale,dividendolo in pari proporzioni rispetto la linea di cresta della collina. Dalla famosa Fontana Fraterna (1835, fontana monumentale d’Italia) di piazza Celestino V alla chiesa/museo di Santa Maria delle Monache, Il turista è portato ad attraversare tutto il corso ma può preferire una breve divagazione tra le piccole e graziose vie/piazzette laterali.

Snodo cruciale

Dulcis in fundo Isernia è anche snodo cruciale di questo viaggio. Da questo momento ha inizio la calata finale in regione Campania con l’ingresso di un frangente diametralmente opposto al precedente.
I tratturi, il lento incedere, le difficoltà ed i dislivelli importanti sono acqua passata dal momento che il filo conduttore che sottende gli estremi di questa vicenda è dato dal fiume Volturno, lo stesso che apre nuove e facili possibilità verso il Mar Tirreno.
Per sua natura fiume chiama ciclovia divenendo terreno fertile per la ciclovia del Volturno.

Molise, polmone verde.
Lo penso solo io oppure questi posti, così ricchi di biodiversità in mezzo alla natura, sono davvero stupendi??
Il Molise ha tante strade bianche/sterrate ma anche tante strade secondarie più agevoli dove non passano auto, in questo caso ho preferito sfruttare un passaggio su asfalto ;P. Il gruppo delle Mainarde e il borgo di Fornelli (uno dei borghi più belli d’Italia).

Ciclovia del Volturno

Capriati al Volturno.

Fornelli

Nel pieno del fermento iniziale mi accosto al fiume assistendo al complesso sistema collinare e montuoso che mi circonda, da un lato la catena delle Mainarde a confine con il Lazio e dall’altro il parco regionale del Matese a confine con la Campania, entrambi danno l’impressione d’essere meravigliosi, digradano verso il fiume riempiendo l’intorno di verdi colline ricolme di boschi a perdita d’occhio, eccezione fatta per qualche borgo che si prende la libertà di spalleggiare il fiume. Capeggia maestoso in testa alla valle, Fornelli ha onor d’essere il primo di questi ad accogliere l’animo del viaggiatore che sfila prossimo alla confluenza del torrente Vandra nel Cavaliere e a quella nel Volturno. Viene chiamato “il paese delle sette torri” tant’è che possiede una cinta muraria medievale tra le meglio conservate del Molise ed un impianto urbanistico che ricalca ancora quello originario. 

Le mura con le torri di difesa e l’ingresso principale di Fornelli.
Essa è dunque uno dei borghi fortificati sorti nell’Alta Valle del Volturno grazie all’immigrazione favorita dagli abati, impegnati a far rinascere le attività agricole. Si presume pertanto che il castello esistesse già nel IX secolo presso il fiume Vandra, come possedimento del vicino monastero di San Vincenzo al Volturno.

Venafro

Nuovo sesto d’impianto per kiwi a Venafro.
Via abbellita e fiorita in centro a Venafro.

Fornelli è circondata da ulivi che producono un olio fruttato e leggero di qualità ma bisogna scendere a Venafro per sentire il profumo dell’olio “buono”, così apostrofato era considerato il migliore del mondo secondo gli antichi romani, le numerose citazioni d’autori antichi non lasciano dubbi. Venafro si discosta dalla traccia ma vale la pena d’essere visitata per l’importanza storico-artistica e culturale che rivestì nel corso dei secoli.
Il centro storico si presenta sotto forma di borgo fortificato adagiato lungo la scarpata della montagna, distante dall’antico centro romano identificato nella zona dell’anfiteatro.
L’assetto urbanistico è molto preciso, scandito da cardo e decumano, risente dell’influsso architettonico del barocco napoletano.
Nel concreto è piacevole passeggiare nelle viuzze.
Tra gli edifici addossati e le chiese poste sullo slargo di qualche piazzetta scopro alcune facciate di notevole pregio storico-artistico (palazzi) fintantoché non si palesa la mole del castello Pandone (famiglia che contribuì alla ripresa economica del centro dal XV) in cima al borgo antico.

Medio corso del fiume Volturno

Pecore al pascolo nella piana del fiume Volturno.
Enormi quantità di campi di nocciolo lungo il fiume Volturno, nei pressi di Vairano Patenora.
Affreschi tra i resti dell’abbazia di Santa Maria della Ferraria.
Alcuni cartelli stradali indicano l’abbazia nascosta tra la vegetazione.
Ormai non resta che un ammasso di macerie, l’abside e poco altro.
L’abbazia era un monastero cistercense a Vairano Patenora.

Nella sua semplicità la ciclovia del Volturno è veramente piacevole da percorrere, come poche volte in vita mia ho pedalato senza soste, lasciandomi guidare dalle stradine di campagna e di servizio ai campi in luoghi privi di traffico. Tra i ricordi più belli annovero i rettilinei in zona Sesto Campano, i campi di nocciolo a perdita d’occhio tra Presenzano e Vairano Patenora e i resti dell’abbazia di Santa Maria della Ferrara.

Per quanta strada ancora c’è da fare, amerò il finale

In questo ambiente agricolo predominano le lavorazioni della terra con i macchinari. Poso gli occhi sugli uomini nei campi. Prima sfalciano il prodotto e poi lo organizzano in file al giro successivo.
Piana del fiume Volturno – Campania.
Atmosfere mattutine ad Amorosi.
Anfiteatro romano di Santa Maria Capua Vetere.
I resti dei muri in laterizio nell’anfiteatro di Capua.
I sotterranei della platea all’interno dell’anfiteatro.
Scale d’accesso al salone – Reggia di Caserta.
Sale interne alla Reggia di Caserta.

Il paesaggio cambia continuamente e mi ricorda che per quanta strada ancora c’è da fare, amerò il finale.
In un allegretto di montagne e colline banchetto con il fiume che s’agita in mirabolanti spire nella grande piana ad esso dedicata, lo assisto dalla lontana mentre ripartisce flutti preziosi (canali), alimenta la campagna che cresce in splendidi campi coltivati e da cui derivano i proventi dei sacrifici di chi vedo lavorare la terra con ardore.
Senza fine, tu sei un attimo senza fine. Si, senza fine è la bellezza di questi posti alle propaggini meridionali del Parco Regionale del Matese come anche l’andirivieni inesauribile dei trattori che si adoperano nei campi, uno sguardo che si perde all’orizzonte.

Titoli di coda

Più pedalo e più scopro che il piacere di percorrere queste stradine aumenta, è la frenesia di vedere cos’ha in serbo la Ciclovia del Volturno. Curve, svolte e incroci continuano a rotta di collo fino ad Alife (cittadina d’epoca romana circondata da mura, al suo interno presenta il caratteristico impianto romano del cardine massimo e decumano massimo).
Seguo la Ciclovia del Volturno, rimane soluzione di comodo per uscire dalle colline nel modo più semplice possibile senza per questo perdere d’interesse. Frugo con lo sguardo borghi vicini/lontani, monti e frazioni fino ad arrivare allo sbarramento/strettoia di Sant’Angelo in Formis. A questo punto sono finalmente pronto ad incontrare l’anfiteatro romano di Santa Maria Vetere e la reggia di Caserta, gli stessi che sono serviti da movente per questo viaggio.

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One comment

  1. Una lettura piacevole e scritta in modo sorprendente, Leonardo! Sei davvero in grado di cogliere la delicatezza del luogo che attraversi in punta di piedi e di condividerne le emozioni. Grazie per renderci partecipi del tuo bellissimo modo di viaggiare.
    Buona strada!

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